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DANIEL PENNAC

 

BIOGRAFIA

Il paradiso degli orchi: tre bombe in un grande magazzino e il capro espiatorio Malaussène sempre al centro. Non deve stupirsi se è sospettato!
La fata carabina: la terza età non rispetta più niente. Se a Parigi incrociate una vecchia signora, cambiate marciapiede!

Ma chi è l'autore di questi romanzi dal ritmo incalzante e tanto diversi dal solito cliché? 

Nasce a Casablanca in Marocco nel 1944, ultimo dopo tre fratelli. Durante l'infanzia viaggia in Europa Africa e Sudest asiatico, seguendo gli spostamenti del padre ufficiale.

A otto anni viene messo in collegio e ci resta sette anni, con la possibilità di tornare a casa solo una volta a trimestre.
Vive la scuola come una prigione. Lo salva la lettura. 
Ma "In collegio la lettura a piacere era proibita...Pennac  per aggirare il divieto  di notte si nasconde sotto le coperte,  e con l'aiuto di  una torcia divora  le sue opere preferite, soprattutto i romanzi di Dumas. Il giorno dopo, finge di fare i compiti, e scrive lui stesso il seguito; la notte seguente di nuovo sotto le coperte per controllare l'originale.
Il divieto aumenta il piacere della lettura.

Inizia a lavorare nel 1970  a Soissons come insegnante di ragazzi difficili. 

A venticinque  anni  Pennac, figlio di un militare, pubblica un pamphlet contro il servizio militare intitolato "Le service militaire au service de qui?"
Trasforma il suo cognome da Pennachioni, (chiaramente di origine corsa) a Pennac per non creare problemi al padre.

Esordisce nella narrativa, scrivendo libri per bambini.

Dal 1979 al 1981 si reca in Brasile al seguito della prima moglie. 
Qui viene sfidato da un amico a scrivere un libro giallo. Nasce così Il paradiso degli orchi che sarà pubblicato nel 1985. Seguiranno La fata carabina, che è secondo me il più bello della saga, La prosivendola, Signor Malaussène.
Con questi quattro romanzi  centrati tutti sulla figura di Benjamin Malaussène otterrà il successo.

Per circa trent'anni fa il professore di Lettere in un Liceo di Parigi. Nel 1998  lascia l'insegnamento, pur continuando ad essere presente nelle scuole con letture e conferenze .

Ha una moglie anche lei scrittrice e una figlia.

Senza l'amore e l'amicizia "non so se il gioco (della vita) varrebbe la candela".

 

LA LETTURA

La sua passione per i libri è nata dai  racconti della nonna e dall'osservazione dei riti di lettura del padre: un libro e la  poltrona personale la lampada la pipa...

Per Pennac la lettura non può essere un dovere, è un atto di libertà. E' come amare o sognare. 
Si legge per sfuggire alle scocciature della vita. Un romanzo ci offre la possibilità di trovarci per qualche ora in un altro mondo:quando faceva il servizio militare, addetto a pulire le latrine, si sbrigava e poi si chiudeva dentro a leggere Gogol, e l'universo militare che gli stava intorno spariva.

Chi ama la lettura deve agire da passeur, mediatore culturale, deve stimolare negli altri  la necessità della lettura.  Per leggere bene bisogna scegliere bene le persone di cui ci si innamora, dice scherzando Pennac, perché quando amiamo qualcuno gli consigliamo i libri che abbiamo amato di più.

La critica letteraria dovrebbe essere meno paludata e più autobiografica spiegando le ragioni profonde e personali per cui un libro è piaciuto.

Il libro non è un prodotto qualsiasi, è il contrario di ciò che si chiede al consumatore: risponde ad un bisogno profondo e favorisce un'attitudine di ritorno a noi stessi.
Oggi viviamo per procura attraverso i media. Mitridatizzati dal dolore che vediamo continuamente sullo schermo, non riusciamo neanche più a piangere.

Ma, secondo Pennac, quello che minaccia veramente il consumo di libri e la lettura, non è tanto la televisione, ma l'urbanizzazione delle città. "E' come nei gironi danteschi, con il paradiso della cultura esposto in centro, escluso a tutte le persone che si trovano nel girone più lontano, in periferia, dove arriva solo la televisione."

 

PERCHE'  SCRIVE

Per essere felice, per sopportare la realtà, per esorcizzare la paura della morte. 
"C'est une manière d'en finir avec ce qui m'exaspère le plus en moi". 
Scrivere è una maniera d'essere, ogni scritto rappresenta il viaggio fatto quando abbiamo imparato a leggere per passare dal segno al senso.

 

GLI AUTORI PREFERITI

Per Pennac l'autore in assoluto è Shakespeare.
Da piccolo amava i libri di avventura e le storie di cappa e spada come quelle di Alexandre Dumas. Ma anche Dickens, Stevenson e Oscar Wilde.

Subito dopo cominciò a leggere i grandi autori russi: da Puskin a Dostoevskij. 

E' stato sempre affascinato dagli autori che lavorano sulla lingua:  Gadda Proust Joyce Celine.
 
 
Considera il più bel racconto del mondo Bartleby lo scrivano di Melville, ama molto anche  L'imperatore del Portogallo della svedese Selma Lagerlof.

Riguardo alla poesia ama molto una poetessa lionese del XVI secolo: Louise Labé.

Tra gli italiani gli piace Calvino di cui privilegia la trilogia degli antenati, ma anche Gadda, Svevo, Buzzati.

 

LE OPERE

La saga Malaussène

Le difficoltà iniziali della saga ad affermarsi furono  causate  dal fatto che la letteratura poliziesca era ancora considerata dalla critica, letteratura di serie B.

Prova ne è il fatto che i primi due libri della saga furono pubblicati originariamente nella famosa Serie Noire di Gallimard, e solo  in seguito  ristampati nella Serie Blanche dedicata alla letteratura.

Pennac, oltre a scontentare i critici, scontentava anche i puristi del poliziesco. Infatti  si serviva  degli elementi del romanzo poliziesco, usandoli però in modo originale e spesso comico.

Ciascuno dei romanzi della saga ruota intorno a degli omicidi in cui il protagonista sembra implicato fino allo scioglimento finale,  dopo miriadi di avventure e colpi di scena.

I protagonisti della saga sono i componenti di  una strana famiglia allargata composta  da parenti più o meno adottivi e da amici di varie razze: Benjamin, fratello maggiore della tribù; l'adorata madre: quasi sempre assente per seguire uno dei suoi amori, si fa viva ogni tanto per depositare in famiglia l'ultimo  pargolo (e infatti  ogni libro Malaussène termina con una nascita); Clara: la sorella preferita, che vede attraverso la macchina fotografica; Thérèse: la sorella veggente; Louna:la sorella infermiera; Jérémy: fratellino geniale; il Piccolo dagli occhiali rosa: che attraverso i suoi incubi segnala le sciagure future; Julie:l'amata compagna, giornalista  corrispondente da ogni punto del mondo in cui ci sia da segnalare un'ingiustizia; gli improbabili nonni: anziani dalla vita fuori dai ranghi; Julius: l'amato e puzzolente cane epilettico; gli amici e parenti adottivi della comunità araba. 

Questo piccolo universo è minacciato costantemente da una serie di pericoli in cui si oggettivizzano le mire dei ricchi e dei potenti che hanno nelle mani i destini del mondo e a cui non importa nulla del bene comune; purtuttavia gli altri, i non potenti sono lì a resistere...

All'interno della saga ha un grande rilievo Belleville, quartiere multietnico di periferia, in cui Pennac stesso ha abitato per decenni. Belleville è descritta come un posto un po' magico che resiste ancora alla speculazione edilizia. 

Pennac è chiaramente un fautore dell'integrazione razziale e di una dimensione più umana, o forse dovremmo dire utopistica dell'esistenza in cui l'economia non crei esclusione o ghetti: un luogo magico dominato dagli affetti, in cui ci si ispirasse ai principi evangelici e a quelli dell'utopia comunista.
Pennac  mostra il funzionamento assurdo e paradossale della società moderna pur senza voler scrivere un romanzo di denuncia. Scartò le duecento pagine della prima versione del romanzo  perché troppo dimostrative della sua tesi.

L'invenzione forse più originale di Pennac è quella del protagonista tragicomico della saga Benjamin Malaussène.
Invece di un investigatore duro e solitario, alla Marlowe, l'autore ci mette di fronte ad  un tipo un po' infantile che gioca a fare l'ingenuo perché sa molto bene che, se non cercasse di farlo, sarebbe un disperato".
La particolarità più eclatante del personaggio è che  lavora come capro espiatorio in una casa editrice, è  l'addetto a cui di volta in volta vengono attribuite le colpe dei disguidi di cui i clienti vanno a lamentarsi. 
Ogni volta Malaussène si esibisce in una scena madre in cui si straccia le vesti per i suoi errori, viene annunciato al cliente che sarà licenziato, e invariabilmente il cliente si impietosisce e ritira la lamentela.

Pennac  dichiara esplicitamente di essersi rifatto alle teorie del filosofo francese René Girard secondo cui il capro espiatorio non solo  è alla base di tutte le religioni, ma permette la sopravvivenza delle  comunità umane (a sue spese, s'intende). 
In estrema sintesi:a causa dell' invidia che proviamo gli uni versi gli altri rischiamo di distruggerci a vicenda. 
A questo punto, a livello inconscio naturalmente, scegliamo una vittima su cui far ricadere le colpe di tutto. In questo modo il capro espiatorio diventa un elemento di unione per tutti gli altri.
Il tentativo di risolvere i problemi della nostra difficile socialità in questo modo è una delle nostre tendenze più pericolose, alla quale dobbiamo le guerre e i pogrom.
La  figura del capro espiatorio, oltre ad aver radici nel mondo greco-arcaico, si ritrova nell'Antico Testamento: dove stava ad indicare  i capri che gli Ebrei cacciavano nel deserto, dopo averli caricati dei loro peccati, per stornare l'ira di Dio.
In altre parole il capro espiatorio ci permette di  proiettare su qualcun altro la responsabilità dei nostri sentimenti aggressivi.
Secondo Girard solo il Vangelo spezza questo schema affermando  l'innocenza della vittima: l'agnello sacrificale Gesù Cristo morto ingiustamente sulla croce, portando allo scoperto la nostra cattiva coscienza.

 

Signori bambini

Un tentativo ben riuscito di uscire dalla serie Malaussène. 
Il terribile professor Crastaings dà un tema ai suoi allievi: Vi svegliate una mattina, siete stati trasformati in adulti. I vostri genitori sono trasformati in bambini.
I suoi tre alunni Igor, Nourdine e Joseph verificheranno a loro spese la massima che l'immaginazione non è menzogna. Infatti, svolto il compito, si troveranno catapultati all'improvviso nella situazione suggerita dal tema. 
Questa verità fondamentale sta alla base del patrimonio letterario dell'umanità, ma è insieme una riflessione su come si vedono reciprocamente bambini e adulti. 
Per Pennac  i bambini fanno i bambini, gli adulti recitano il ruolo degli adulti.

 

Come un romanzo

In questo saggio Pennac mette a punto l'esperienza maturata nell'insegnamento, per suggerire una strategia che promuova l'amore della lettura: trasmettere ai figli e agli allievi il proprio piacere della lettura.

Quando Pennac insegnava Lettere, dedicava due delle sei ore a disposizione a leggere i suoi autori preferiti a voce alta per gli alunni, senza pretendere in cambio riassunti o compiti. 
Lettura come dono, per far nascere nei ragazzi il piacere della lettura e far passare il timore di non saper rispondere alle domande o di essere stupidi.

Nel testo si trova la famosa carta dei diritti del lettore, il più importante e paradossale dei quali, è quello di non leggere, perché il verbo leggere, come i verbi amare e sognare, non accettano imperativi.


Ecco la storia

La sua penultima fatica, è una specie di conte philosophique: Ecco la storia, edito nel 2003, ha sconcertato molti dei suoi affezionati lettori.
In America Latina c'è un dittatore divenuto agorafobico in seguito alla predizione di una strega che verrà linciato da una folla di contadini.
Decide dunque di andarsene in Europa, facendosi sostituire da un sosia che è uguale a lui salvo qualche piccolo particolare.
Ma anche il sosia segue un analogo percorso; dopo un certo tempo decide di andarsene, e così mette al suo posto un sosia che è uguale a lui tranne qualche piccolo particolare. E così di sosia in sosia, fino a che le differenze si accumulano e l'ultimo sosia è molto difforme dal dittatore originario. 
In questo romanzo  non solo  è raccontata una storia assai particolare, ma per la prima volta Pennac ci fa entrare nel suo mondo personale: scopriamo che viene da un villaggio delle Alpi Marittime, che ha frequentato l'Università a Nizza...
Ma soprattutto  ci mostra come funziona la sua fantasia e come costruisce le storie a partire dalle sue esperienze di vita. 
Molto interessante è il tema del sosia, che riprende quello del capro espiatorio.
Mi sembra che il libro non sia  riuscito; nonostante molti spunti notevoli appare dispersivo, il fatto di essere privo di una linea  unitaria lo rende per me non emozionante.


L'ultimo libro: "grazie"

C'è un creatore che sta per ricevere un premio e deve fare i ringraziamenti d'uso. Ma è un tipo un po' particolare che non riesce a godersi il suo momento di gloria.
Parte animato dal più sincero desiderio di ringraziare, ma si accorge che è capitato nel mezzo di una sceneggiata.
E poi essere premiato per l'insieme della propria opera è come dire all'autore  che ormai per lui è finita. E quindi ringraziare chi e perché? eccetera eccetera.

 

CARATTERISTICHE DELLA SUA SCRITTURA

Una scrittura straripante e una fantasia travolgente, al servizio di una costruzione della storia molto attenta. 
Avventure e colpi di scena a tutto spiano, rifiuto delle descrizioni e dell'analisi psicologica dei personaggi

Una lingua che integra l'argot delle periferie e delle parlate giovanili con citazioni colte e allusioni politiche.
Difficilissima da tradurre perché non ha un corrispettivo italiano: noi non abbiamo una lingua colloquiale fatta di termini gergali comune a tutta la nazione, ma solo corrispettivi regionali; purtuttavia la sua traduttrice italiana, Yasmina Melaouah  ha fatto il miracolo e le sue traduzioni sembrano degli originali.

Il linguaggio di Pennac è ricco di metafore. La metafora dà rapidità alla scrittura,  permette di risparmiare una descrizione mettendo al suo posto un'immagine.  
Ma la metafora non è solo un'immagine. Dire sei un leone  conferisce  un'aggiunta di senso, in quanto permette l'attribuzione di tutte le qualità del leone.
Vedere la metafora iniziale  della Fata carabina.

Pennac attribuisce molta importanza allo stile ossia al gioco col linguaggio, che serve non per camuffare ma per rendere sopportabili le brutture del reale: con una scrittura leggera ed ironica rappresenta le angosce del nostro tempo. Una scrittura cupamente realista avrebbe allontanato il lettore impedendogli di affrontare certi temi.

Anche l'uso abbondante del dialogo conferisce rapidità al racconto.
La riflessione su certi temi è a volte rappresentata da frasi icastiche e sentenziose, come "La vita non è un romanzo, lo so. Però solo il romanzesco può renderla vivibile."

L'abilità di Pennac è quella di tenere il racconto in continua tensione, dando credibilità alle evoluzioni spesso improbabili della vicenda.

Paradossalmente Pennac si definisce un uomo privo di fantasia; è la realtà che supera la fantasia, è dalla realtà che trae i suoi orchi sgozzatori di vecchiette,ecc.
Quando gli viene in mente una storia, la racconta a moglie ed amici cambiando ogni volta qualcosa a seconda dei consigli che riceve. Alla fine, si ritira con sua moglie nella casa di campagna e scrive in solitudine. Sulla scrivania il vocabolario, ricordo di una disortografia infantile, e il dizionario storico della lingua francese.

Scrittura e morale: qual è il tipo di responsabilità di chi scrive? Rendere conto della complessità e delle contraddizioni della propria epoca, e lavorare al meglio delle proprie capacità.
Secondo Pennac non bisogna chiedere agli scrittori di salvare il mondo, gli scrittori possono solo parlare delle proprie esperienze.
E tuttavia pensa che le parole siano potenti: si può uccidere con le parole.

Si scaglia contro chi trasforma il romanzo in un saggio, contro i gardiens du temple di una letteratura pietrificata dai diktat dello strutturalismo.
Vedere Flannery O'Connor e la sua teoria della scrittura che deve incarnarsi in personaggi e particolari concreti.

"La creazione artistica rappresenta per la società quello che il sogno notturno rappresenta per il singolo."  


LA CRITICA

I romanzi di Pennac  ricordano Rabelais ed il suo universo popolaresco in cui hanno posto realtà corporali come culo e merda; ma anche  Dickens e le avventure a puntate dei suoi diseredati.
A me ricorda un  presepe napoletano, con i suoi personaggi fissi portatori ognuno di un suo valore, e alla base  di questo piccolo mondo protetto un desiderio  di solidarietà e condivisione, anche se mi disturba un po' una certa idealizzazione del gruppo dei buoni, fra cui rientrano anche i piccoli malviventi).

Goffredo Fofi attacca con violenta acredine Pennac accusandolo di una cosciente falsificazione ideologica e pubblicitaria portando avanti il mito di una Parigi ormai scomparsa, la Parigi più popolare, proletaria, populista che non esiste più. 
Ma a me sembra che questo Pennac lo sappia molto bene. Belleville è un quartiere simbolo di una Parigi come lui la vorrebbe, e come Belleville stessa non è più.

Di tutt'altro avviso è Domenico Starnone che attribuisce a merito di Pennac quello di aver continuato a far vivere nei suoi libri gli ideali di una civile convivenza tra diversi.
Esalta  il  personaggio Benjamin Malaussène, moderno capro espiatorio senza colpe.
Un capro espiatorio che si ribella al suo destino di agnello sacrificale, lotta, e riesce a far pagare il fio a chi lo deve pagare. Pennac ci lascia sognare che gli agnelli possano battersi pur restando agnelli.
E il bello è che Pennac parla dei guai del nostro tempo con un linguaggio ironico-colto pur creando un moderno genere di massa. 

Bibliografia sintetica in italiano

Daniel Pennac, Il paradiso degli orchi, Feltrinelli 1991

   "     "          La fata carabina, Feltrinelli 1992

   "     "          La prosivendola, Feltrinelli 1990 (Benjamin è diventato uno scrittore famoso. Come è stato possibile?)

   "     "         Signor Malaussène, Feltrinelli 1995 (Benjamin papà? Il caso sta rendendo la cosa quasi impossibile)

   "     "         Ultime notizie dalla famiglia, Feltrinelli 1997 (Il piccolo vuol sapere chi è il suo vero padre...)

   "     "         La passione secondo Thérèse, Feltrinelli 1999 (Thérèse la vergine veggente vuol sposarsi. Benjamin è contrario...)

   "     "         Signori bambini, Feltrinelli 1998 

   "     "         Come un romanzo, Feltrinelli 1993 

   "     "         Gli esuberati, Feltrinelli (ovvero i lavoratori in esubero, è un giallo alla Pennac illustrato come fumetto da Tardi: nello zoo dove lavora la ragazza dell'ispettore di polizia, un disoccupato si rinchiude in una gabbia riservata agli animali per esporsi al pubblico...)

   "     "         Ecco la storia, Feltrinelli 2003 

   "     "         Grazie, Feltrinelli 2004

 

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